Mantello scuro, taglia piccola,
zampe corte e robuste e una criniera di lunghe setole sulla
schiena: il suino sardo è appena entrato a far parte dei presìdi
Slow Food. Una razza rustica, allevata in tutta la regione, ma
che negli ultimi decenni aveva rischiato la scomparsa a causa
della peste suina africana.
Dopo un lungo lavoro di eradicazione del virus, dal 15
dicembre del 2022 è caduto l’embargo sulle esportazioni di carni
suine dalla Sardegna, una situazione che perdurava da
quarant’anni. “Restano solo quattro comuni in zona rossa –
ricorda il referente Slow Food del nuovo presidio, Raimondo
Mandis – mentre dal resto della regione è nuovamente possibile
movimentare carni e salumi al di fuori dell’isola. Il
riconoscimento come presidio è un segnale, un modo per
sottolineare l’importanza di promuovere forme di allevamento
locali e pratiche di trasformazione virtuose, per evitare che si
commercializzino carni che arrivano da fuori regione e che, in
Sardegna, vengono soltanto trasformate, come tuttora in alcuni
casi avviene. Abbiamo una razza autoctona da sostenere e
valorizzare, simbolo della biodiversità locale e fortemente
integrata nell’ambiente isolano”.
Una razza che si è salvata grazie al lavoro di alcuni
allevatori sostenuti dall’Associazione allevatori della regione
Sardegna (AARS), che dal 1920 cura un libro genealogico di razza
e che oggi si occupa anche dei controlli per la sua
continuazione. L’animale, 60 centimetri al garrese e un peso che
oscilla tra gli 80 e i 150 chili, si nutre in particolare di
ghiande: “Grazie al pascolamento, il cosiddetto semibrado
controllato che prevede ampia libertà di movimento e una doppia
recinzione per evitare che i suini domestici entrino in contatto
con i cinghiali, l’animale si sposta parecchio e consuma molto
dell’apporto nutritivo – sottolinea Mandis – Ne deriva una carne
dal grasso importante ma dalle caratteristiche nutrizionali
ottimali, con bassa percentuale di grassi insaturi”.
I produttori che aderiscono al presidio Slow Food sono al
momento tre. Gli allevatori complessivamente interessati al
programma di recupero della razza del suino sardo sono una
novantina.
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