Doveva aprirsi oggi, a Sassari, il processo ai due accusati del reato di imbrattamento ai danni del muro di cinta della tenuta abbandonata di Surigheddu, di proprietà della Regione.
In realtà si è scoperto che l’avvio del procedimento non è stato notificato alla Regione, bensì all’azienda agricola Surigheddu, ormai fallita e scomparsa dal 1986. La giudice Monia Adami non ha potuto far altro che rinviare l’udienza al 9 giugno prossimo.
Imputati sono Bruno Bellomonte, 73 anni, e Mario Sanna, 75 anni, esponenti del movimento indipendentista sardo Liberu, che nell’aprile 2018 avevano scritto, con vernice bianca, “Sa terra sarda a su populu sardu” sul muro di cinta, e ora rischiano una condanna a un anno.
Sempre questa mattina, davanti al tribunale di via Roma, gli indipendentisti di Liberu e di Caminera Noa hanno messo in atto un sit-in di protesta contro l’incriminazione e di solidarietà per i due imputati.
«Noi conosciamo bene la differenza tra ciò che è legale e ciò che è giusto, e sappiamo che molto spesso le due cose non combaciano», sostengono i manifestanti che su un foglio di cartone hanno riprodotto la scritta incriminata. «Se la legalità della speculazione si manifesta come ingiustizia alla luce del sole, allora noi pratichiamo la giustizia sarda alla luce del sole, chiamando il popolo sardo a rivendicare il sacrosanto diritto al possesso delle sue terre».
«Ci accusano di avere imbrattato un muro abbandonato e pericolante. Noi abbiamo solo dipinto una frase che fa parte della nostra linea politica. Volevamo sollecitare il ritorno di quei 1.200 ettari di terra fertile ai pastori e ai coltivatori sardi. Terreni e strutture abbandonate da 40 anni dove qualcuno vorrebbe costruire resort, piscine e campi da golf», ha commentato Bellomonte.
(Unioneonline/s.s.)
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