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La procura: “Documento di Regeni messo dalla polizia in casa di criminali”

Un file audio di 18 minuti potrebbe rappresentare un nuovo, pesante, atto di accusa nei confronti dei quattro 007 egiziani accusati del sequestro, delle torture e dell’omicidio di Giulio Regeni.

Una nuova prova a sostegno dell’accusa che la Procura di Roma chiede alla Corte d’Assise di acquisire.

Un audio in cui a parlare è un testimone secondo cui un colonnello della polizia investigativa era in possesso del passaporto di Regeni prima di effettuare la perquisizione, il 24 marzo del 2016, nell’abitazione dove viveva un appartenente alla banda criminale, sterminata a colpi di arma da fuoco dalle forze dell’ordine, che venne accusata falsamente dell’omicidio del ricercatore friulano.

Si tratta proprio del documento di espatrio che assieme ad altri oggetti venne fatto trovare in quell’appartamento dalle autorità egiziane. Ma c’è di più: dall’analisi dei tabulati sono emersi contatti tra lo stesso colonello della polizia e uno degli imputati.

In aula è stato, poi, mostrato un video, preso da fonti aperte e già noto in Italia, in cui vengono intervistati i parenti della presunta banda di criminali: dalle loro affermazioni e in base a quanto riferito dal colonello del Ros, Onofrio Panebianco, è emerso inoltre che alcuni oggetti, come il portafogli, porta occhiali e auricolare, trovati nell’appartamento e consegnati anni dopo agli inquirenti italiani, non appartenevano a Regeni.

Depistaggi ma anche prove alterate come nel caso dei video delle telecamere di videosorveglianza della metropolitana della capitale egiziana. Secondo quanto riferito in aula dai consulenti della Procura, tecnici dei carabinieri del Racis e della Polizia Scientifica, vennero cancellati i file dei video della fermata del quartiere Dokki, dove venne agganciato per l’ultima volta il telefono cellulare di Giulio, il 25 gennaio del 2016, giorno della sua scomparsa. “Abbiamo scoperto che del 25 gennaio 2016 non c’erano file video o immagini disponibili nel sistema – hanno detto i consulenti -. In altri file, riferiti al periodo tra il 26 e il 29 gennaio si vedeva che la data di modifica era diversa da quella di creazione”. I consulenti hanno, comunque, recuperato con un software le immagini del 25 gennaio trovando però un “buco di 18-20 minuti, fra le 19.49 e le 20.08”

Nel corso dell’udienza il procuratore aggiunto Sergio Colaiocco ha reso noto che il teste “z”, un cittadino egiziano che ha fornito molti elementi utili alle indagini, non potrà venire a testimoniare in Italia “perché teme per l’incolumità sua e della famiglia. Quando in passato ha collaborato con la procura di Roma ed è stato arrestato per diversi mesi, proprio da uno degli imputati”.

Verrà invece sentita, dopo l’estate e in videoconferenza, la docente dell’università di Cambridge, Maha Abdelrahman, che faceva da tutor a Giulio Regeni nel periodo in cui il giovane ricercatore era al Cairo.
Lasciando la cittadella giudiziaria di piazzale Clodio i genitori di Regeni, Claudio e Paola, per bocca del loro legale, l’avvocato Alessandra Ballerini, hanno affermato che dal processo “stanno emergendo sempre di più i depistaggi egiziani.

Stiamo sempre di più mettendo a fuoco le responsabilità egiziane su depistaggi e manomissioni. Tassello, dopo tassello – ha osservato – ci avviciniamo alla verità” 

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