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Israele stringe la morsa su Rafah e invia altre truppe

Israele allarga l’intervento a Rafah, nel sud della Striscia. Altre truppe entreranno presto ad affiancare quelle già schierate sul campo con l’obiettivo di “intensificare” l’operazione militare contro i battaglioni di Hamas. Già la notte scorsa una Brigata di commando ha affiancato la 162/a Divisione della Brigata Givati che sta operando nella parte orientale della città da inizio mese. “La battaglia a Rafah – ha detto il premier Benyamin Netanyahu che ha sorvolato la regione sud della Striscia – è cruciale. Non si tratta del resto solo dei loro battaglioni, ma anche dei tubi dell’ossigeno per fuggire e rifornirsi”. Poi, rivolto ai soldati, ha aggiunto: “Questa di cui siete parte integrante è una battaglia che deciderà molte cose in questa guerra”. A delineare la strategia della spallata finale che Israele pensa di assestare ad Hamas è stato il ministro della Difesa Yoav Gallant.

 

La fazione islamica, ha sottolineato, “non ha truppe di riserva, non ha scorte di approvvigionamento e non ha la capacità di curare i terroristi che prendiamo di mira. Il risultato – ha aggiunto – è che stiamo indebolendo Hamas”. Ora tocca al Gabinetto di guerra, guidato dal premier Benyamin Netanyahu, dare il via definitivo alle prossime mosse. Ma la direttrice appare largamente segnata e sarà un nuovo momento di scontro con l’amministrazione di Joe Biden. Possibile tuttavia, hanno rilevato alcuni media, che nulla scatti a Rafah prima dell’arrivo in Israele domenica prossima del consigliere per la sicurezza nazionale Usa Jake Sullivan. L’esponente Usa giungerà da Riad e uno dei temi della missione è la possibile normalizzazione dei rapporti tra Arabia Saudita e Israele, con i possibili riflessi su chi governerà la Striscia nel dopo Hamas.

L’azione militare a Rafah ad ogni modo ha di nuovo messo sul banco degli accusati Israele alla Corte internazionale di giustizia dell’Aja, che ha convocato due nuove sedute su iniziativa del Sudafrica con la richiesta di Pretoria del ritiro dell’Idf dalla città. Quell’operazione, ha denunciato l’avvocato del Sudafrica, Vaughan Lowe, rappresenta “l’ultima tappa della distruzione di Gaza e del popolo palestinese”, definito “un genocidio”.

 

Anche il Cairo è andato all’attacco. “L’Egitto – ha detto il ministro degli Esteri Sameh Shoukry – ha costantemente chiesto la fine dell’operazione militare israeliana a Gaza e il permesso di far affluire gli aiuti umanitari senza ostacoli nella Striscia”. Poi ha chiesto sia alla comunità internazionale sia allo stesso Israele di “fermare le operazioni militari al valico di Rafah lungo il confine con l’Egitto”. In un evento inaspettato, il Patriarca di Gerusalemme, il cardinale Pierbattista Pizzaballa, è entrato – per la prima volta dall’inizio della guerra – nella Striscia. A Gaza City, nella parrocchia della Sacra Famiglia, dove ha celebrato messa, ha consegnato un “messaggio di speranza, solidarietà e sostegno” alla popolazione del territorio palestinese.

 

La visita, è stato spiegato, è anche la prima tappa di una missione umanitaria congiunta del Patriarcato latino e del Sovrano Ordine di Malta, finalizzata alla consegna di cibo e assistenza medica salvavita alla popolazione di Gaza, devastata dal conflitto. Al 223esimo giorno di guerra, duri combattimenti si stanno svolgendo anche a Jabalya, nel nord della Striscia. Proprio in questo luogo 5 soldati israeliani sono stati uccisi e altri 7 feriti da fuoco amico. Secondo una prima indagine dell’Idf, un carro armato, che operava nel campo profughi della città, ha sparato due proiettili contro un edificio dove si erano radunati i soldati. Non si ferma neanche il secondo fronte di Israele, quello con il Libano. Gli Hezbollah hanno annunciato di aver lanciato 60 razzi sul nord dello Stato ebraico e un soldato è rimasto ferito gravemente da un drone esplosivo a Metulla.

La Camera Usa approva misura per l’invio di armi a Israele

La camera americana, controllata dai repubblicani, approva un provvedimento che capovolge la sospensione decisa da Joe Biden sull’invio di alcune armi a Israele e previene il presidente dalla possibilità di prendere un’altra decisione simile. La misura è stata approvata con 224 voti a favore e 187 contrari, ma non ha nessun futuro in senato dove i democratici puntano a non prenderla neanche in considerazione. Biden nei giorni scorsi ha sospeso la consegne di bombe ad alta carica che potrebbero essere usate a Rafah. Una decisione criticata dai repubblicani che hanno voluto con il provvedimento ammonire il presidente.

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