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Governo salvo per 9 voti, in Francia esplode la rabbia

 Almeno 70 persone sono state fermate stasera a Parigi nelle manifestazioni che si stanno moltiplicando nella capitale, da Les Invalides all’Opéra, da rue de Rivoli alla Bastiglia. Manifestazioni spontanee, più o meno violente, si stanno svolgendo in diverse città, da Rennes a Nantes, da Tolosa a Rouen. Nel quartiere dell’Opéra, sulla grande Avenue che conduce dal teatro dell’Opéra Garnier al Louvre, sono stati incendiati cassonetti dai quali fuoriuscivano immondizie accumulate dopo giorni di sciopero dei netturbini.

 

Governo salvo per 9 voti, in Francia esplode la rabbia

La riforma delle pensioni è legge, il governo di Elisabeth Borne è salvo, la rabbia contro Emmanuel Macron esplode in pochi minuti in piazza: la maggioranza del Paese non accetta il responso parlamentare che per soli 9 voti ha salvato il governo e l’odiata riforma che aumenta l’età minima per la pensione da 62 a 64 anni.

“Adesso è ora di passare alla sfiducia popolare”, ha gridato il “condottiero” della contestazione, Jean-Luc Mélenchon, invitando i francesi a non arrendersi e a proseguire la battaglia “con le manifestazioni, con gli scioperi”.

Il Paese rischia il blocco, le raffinerie chiudono, gli studenti sono pronti a scendere in piazza, i trasporti, la nettezza urbana, la sanità, tutti i settori sono pronti a dare battaglia “fino al ritiro” della riforma, come ripetono Mélenchon e tutti i sindacalisti, più uniti che mai. Se nelle piazze i francesi si radunano nonostante i divieti – molti sono studenti, anziani, persone tranquille, anche se piccoli gruppi si battono contro la polizia – dai saloni dell’Eliseo trapela agitazione. Nove voti potrebbero non bastare a garantire il governo di Elisabeth Borne, che potrebbe essere sacrificata nelle prossime ore per consentire un cambio di guida. In serata la premier ha fatto sapere – andando all’Eliseo per un incontro con il presidente – di voler “continuare” il suo percorso ed ha ribadito che “la riforma delle pensioni è essenziale per il Paese”. Da un punto di vista istituzionale, la sinistra ha già presentato un ricorso al Consiglio costituzionale per possibili problemi di legittimità della legge di riforma. Inoltre, la sinistra si propone di intraprendere il difficile percorso del cosiddetto “referendum di iniziativa condivisa”, una forma di consultazione varata nel 2015 che prevede l’ iniziativa di un quinto dei parlamentari e di un decimo degli elettori (che nel caso della Francia sarebbero circa 4,5 milioni di firme, un obiettivo non scontato).

Sul piano politico, ci si attende soprattutto che Emmanuel Macron, finora riservato sul percorso tutto in salita della sua riforma, prenda finalmente la parola per ritrovare sintonia con i francesi. Gli analisti osservano un “Paese spaccato”, con un presidente che vorrebbe “passare ad altro” dopo la riforma delle pensioni ma che appare più che mai isolato politicamente e ai minimi della popolarità nel (al 28%, come ai tempi dei “gilet gialli”). La giornata decisiva, molto attesa, si è presentata un’aula parlamentare piuttosto surreale, con Aurore Bergé, presidente del partito Renaissance di Macron, ed Elisabeth Borne, a difendersi da sole di fronte all’esercito di dichiarazioni di voto ostili da sinistra, dall’estrema destra, e dal centro del Liot, il partito che ha presentato la mozione di censura “transpartisane” votata da 278 deputati, 9 in meno dei 287 che sarebbero stati necessari perché la sfiducia passasse. A sostenere le due rappresentanti della maggioranza non c’erano neppure i deputati di Renaissance, che hanno lasciato quasi vuoti i loro banchi, quasi a non voler comparire con i loro volti in primo piano in un momento di grande impopolarità.

Fischi, urla, pugni battuti sui banchi, hanno coperto le parole della Bergé e della Borne come gli applausi hanno accompagnato i sostenitori della mozione. Poi il risultato, pochi voti in meno della maggioranza assoluta dell’Assemblée, con ben 19 Républicains su 61 che hanno disobbedito all’indicazione dei capi del partito di non votare le mozioni contro il governo. Poco più tardi, il risultato di 94 voti raccolto da Marine Le Pen con la sua mozione, votata dai suoi e da altri 6 deputati. In piazza – nel quartiere di les Invalides, poco lontano da Palais Bourbon, sede dell’Assemblée nationale – si sono riversate migliaia di persone, nella stragrande maggioranza pacifiche. Alcuni hanno cominciato da subito i soliti scontri con la polizia: lancio di sassi, cariche, lacrimogeni, in fiamme i cassonetti pieni di immondizie causa sciopero. Hanno raccolto l’invito dei sindacati e delle opposizioni, “con questo voto non cambia nulla”. E da Macron non si aspettano promesse, parole, aggiustamenti. Chiedono semplicemente “il ritiro” della riforma delle pensioni. All’Eliseo, l’unica decisione presa al momento sembra essere stata quella di dormirci su una notte in più: Macron riceverà domani mattina Elisabeth Borne, poi domani sera alle 19.30 tutti i parlamentari della maggioranza. I manifestanti aspettano, decisi a non mollare.

 

 

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Ansa

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