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Zambon: “La Lombardia voleva essere chiusa ma l’Oms esitò”

Il 7 marzo 2020, due settimane dopo il Paziente 1, in una call con le Regioni italiane più colpite, chiesta dall’Oms, il dg del welfare lombardo Luigi Cajazzo, “presentò un quadro epidemiologico piuttosto allarmante” prevedendo al 26 marzo “2000 pazienti in terapia intensiva”.

Chiese così “immediate misure restrittive” e di “chiudere i confini della Lombardia”, in quanto era una “questione di vita o di morte”. Ma dall’Oms “si mostrò esitazione” e dubbi sulla “scientificità delle azioni richieste”. Lo si legge nel verbale di Francesco Zambon, allora ricercatore dell’Organizzazione, agli atti dell’inchiesta di Bergamo sul Covid.

Nel verbale e negli allegati dell’allora capo del gruppo dei ricercatori Oms di stanza a Venezia – il suo report venne pubblicato e rimosso poche ore dopo dal sito dell’Organizzazione in quanto rivelava che l’Italia era ‘impreparata’ e il piano pandemico italiano era del 2006 e solo “riconfermato” nel 2017 – emerge la ‘cronistoria’ di quelle ore in cui l’allora dg, in quella call, chiese al direttore dell’Oms Europa Hans Henri Kluge “di assicurarsi che la voce delle Regioni arrivasse al Governo italiano e che Oms facesse pressioni su di esso, affinché adottasse drastiche misure di contenimento, sul modello cinese. In un appunto supportato dallo scambio di e-mail, prodotto dal ricercatore, di quel giorno e di quello successivo.

Cajazzo disse “che la situazione, essendo estremamente critica”, richiedeva “attenzione politica immediata e misure che” potevano “essere portate avanti solo se approvate a livello centrale. Misure chieste anche dal Governatore Attilio Fontana: in pratica si voleva estendere la zona rossa già istituita nel Lodigiano a tutta la Regione, includendo la chiusura delle scuole, degli uffici, dei bar, la promozione “del telelavoro”, il distanziamento sociale e la raccomandazione agli over 65 anni “di stare a casa”. Kluge, sempre quel giorno, chiese a Zambon un parere: “espressi una opinione favorevole – ricostruisce l’appunto – per una chiusura anche se questa avesse comportato enormi conseguenze economiche. Sottolineai che la decisione”, non doveva essere considerata “politica”, bensì “tecnica”, considerato anche il fatto che “un lockdown serrato stava funzionando in Cina”.

“Kluge mi rispose solo molte ore dopo” e “mostrò esitazione avanzando dubbi sulla scientificità” della “azioni richieste”. Inoltre il direttore Oms Europa, scrisse a Mike Ryan, capo del programma di emergenze sanitarie, mettendo in copia il direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus e il suo vicario Ranieri Guerra, sulle richieste di Regione Lombardia. E “poiché nessuna risposta giungeva da Ginevra (…) cercai di spingere Oms a pronunciarsi (…) Kluge mi rimproverò”. La sera Ryan “finalmente rispose, dicendo che era necessaria un’attenta discussione, che non bisognava entrare in questioni politiche in Italia, (…) che non c’erano abbastanza dati e che era più opportuno non interferire”. Anche Guerra “si inserì nello scambio” di mail ” spiegando la catena di comando in Italia e suggerendo di ‘non essere coinvolti in una battaglia’ dato che Lombardia, Veneto e Piemonte erano gestite da partiti dell’opposizione”.

LE INDAGINI
Sono arrivate questa mattina in Procura, a Roma, le carte trasmesse da Bergamo per competenza territoriale e relative allo stralcio della maxi indagine sul Covid. All’attenzione del procuratore aggiunto Paolo Ielo una tranche di indagine che vede iscritti, a Bergamo, tredici persone tra cui gli ex ministri della sanità Speranza, Lorenzin, Grillo e una serie di tecnici del Ministero. Nei loro confronti i pm lombardi contestato il mancato aggiornamento del piano pandemico. Tra i reati contestati, a seconda delle posizioni, anche l’omissione di atti di ufficio, falso e truffa. I Pm romani nei prossimi giorni vaglieranno le posizioni e decideranno se procedere all’iscrizione nel registro degli indagati a Roma.

Leggi l’articolo su: Ansa.it

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