Sarà una perizia psichiatrica a
stabilire se Masih Shahid, il 31enne pakistano condannato in
primo grado all’ergastolo per il tentato omidicio della sua ex e
l’uccisione del figlio lei, era in grado di intendere e volere
al momento dei fatti, l’11 maggio del 2021 nell’abitazione della
vittima a Tortolì, in Ogliastra. Lo ha deciso oggi la Corte
d’assise d’appello di Cagliari, presieduta da Massimo Costantino
Poddighe, nella prima udienza del processo di secondo grado, con
l’imputato presente in aula.
I giudici hanno anche stabilito di unificare in questo stesso
procedimento anche quello che vede Shahid accusato di
maltrattamenti nei confronti dell’allora compagna, un reato per
il quale è stato condannato in primo grado a 3 anni di
reclusione. Respinta invece dalla Corte la richiesta di rito
abbreviato presentata dalla difesa.
La perizia, sollecitata dall’avvocato difensore Federico
Delitala e negata nel primo processo, è stata affidata allo
psichiatra Giampaolo Pintor, che illustrerà i risultati nella
prossima udienza fissata per il 2 febbraio. Si sono riservati di
nominare un consulente di parte il procuratore generale Michele
Incani e le parti civili che tutelano la donna e la sua
famiglia, Marcello Caddori, Maurizio Carta e Maurizio Corda.
Era l’alba dell’11 maggio di due anni fa: Masih Shahid,
attualmente in carcere a Uta, era entrato nella casa della sua
ex compagna, Paola Piras, di 54 anni, tra le 5.20 e le 5.30.
Qui, nell’abitazione di via Monsignor Virgilio, aveva inferto 17
coltellate alla donna, riducendola in fin di vita, e cinque al
figlio Mirko, 19enne, uccidendolo. Il ragazzo aveva pagato con
la vita la strenua difesa della madre dall’aggressione
dell’uomo.
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