Ci sono due cose che colpiscono il viaggiatore che arriva a Fertilia per la prima volta: il ponte sulla laguna del Calik, che collega la borgata al principale centro della Riviera del Corallo, e l’architettura modernista così dissimile da quella degli altri paesi della Sardegna. La grande Piazza Venezia Giulia, dominata dalla facciata in trachite della chiesa col suo campanile di ventidue metri, gli edifici con tanto di portici della via Pola e la piazza San Marco che si affaccia sul mare la rendono unica nella sua simmetria di volumi urbanistici tanto cari all’architettura del periodo in cui era stata progettata. Sì, perché Fertilia, racchiude in sé la peculiarità architettonica oltre alla natura in gran parte incontaminata che la circonda. Altro elemento caratterizzante è la presenza delle famiglie dei primi seicento esuli che giunsero nel dopoguerra in fuga dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia. Al ricordo di quelle terre è legata la toponomastica del luogo.
Non sono molti i luoghi in cui l’impronta della Storia sia stata così potente come quella lasciata nella piccola borgata affacciata sul Golfo di Alghero. Un divenire di eventi che hanno segnato l’evolversi del centro urbano, nato per aggregare gli uomini che lavoravano all’opera di bonifica delle terre paludose della Nurra. Dapprima giunse l’Ente Ferrarese per la colonizzazione, istituito dal regime fascista nell’ottobre del 1933, con l’insediamento di un cospicuo numero di famiglie originarie della provincia di Ferrara. L’ufficialità della nascita di Fertilia fu data tre anni più tardi quando, l’8 marzo 1936 fu posta la prima pietra per l’edificazione della chiesa di San Marco. In seguito, nel dopo guerra, giungeranno gli esuli di Istria e Dalmazia. Nel febbraio del 1947 don Francesco Dapiran, membro della commissione governativa inviata per una prima ricognizione, aprirà la strada alle famiglie giuliane che popoleranno il borgo tra il 1948 e il 1952 e ne completeranno la costruzione. Alla cultura sarda e catalana che impregnava il vissuto degli algheresi si è affiancò quella ferrarese e istriana, producendo un incontro a volte difficile, ma che nel corso del tempo ha delineato l’unicità del luogo.
Per sancire il lungo percorso degli esuli giuliani è stato progettato il recente Ecomuseo Egea, un luogo della memoria che presenta un percorso espositivo concreto, fatto di immagini, ricordi, testimonianze che riportano in evidenza il coraggio e la vita quotidiana di chi ha vissuto la drammaticità del dopo guerra. Il museo contemporaneo prende il nome da Egea Haffner, divenuta l’icona dell’esodo giuliano dalmata grazie ad una fotografia che la ritraeva, a soli quattro anni, con la sua valigia in mano, verso una destinazione ignota dopo essere rimasta orfana del padre scomparso nelle foibe , insieme ad altri migliaia di italiani. Nella chiesa di San Marco si possono ammirare alcune preziosissime ceramiche dello scultore Giuseppe Silecchia, tra cui lo splendido crocefisso collocato in una delle navate interne, opera citata per importanza nei testi di storia dell’arte. Passeggiando sotto i portici di via Pola non ci si può esimere dal visitare la Trattoria Sbisà, da settant’anni uno dei capisaldi della vita sociale di Fertilia. La famiglia Sbisà offre un menù particolarissimo: la cena istriana. Un ritorno al passato che propone Baccalà in bianco, pesce in savòr, la tipica ricetta istriana degli spaghetti alla Bùsara e le mitiche Palacinke. Tutti piatti molto diversi da quelli che offre la tipica cucina sarda. Per finire, ricordiamo che nel piccolo borgo è presente un attrezzatissimo porticciolo turistico, attrezzato con i migliori servizi dedicati alla nautica, dall’ormeggio alla manutenzione, dalla guardiania h24 sette giorni su sette alle operazioni di cantiere. Il tutto a poca distanza dal Parco Naturale Regionale di Porto Conte e dall’Area Marina protetta di Capo Caccia – Isola Piana.
realizzato in collaborazione con la Regione Autonoma della Sardegna, Assessorato del Turismo, Artigianato e Commercio
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