Una versione per parole e note dell’opera che segna l’esordio e paradossalmente anche la conclusione della feconda stagione narrativa pasoliniana (che culminerà nel profetico ma incompiuto “Petrolio”): lo scrittore e poeta, cineasta e drammaturgo, figura di spicco della cultura italiana, racconta storie di povertà e di emigrazione, tra coscienza sociale e desiderio di riscatto, ma anche l’energia e le passioni della giovinezza.
Nini, Milio e Eligio si incontrano alla sagra del Lunedì di Pasqua: conoscono già la fatica del lavoro e la quotidiana lotta per la sopravvivenza, ma condividono l’amore per l’allegria della festa, per la musica e i balli: nel romanzo Pasolini tratteggia con toni lirici una realtà agreste quasi trasfigurata nel ricordo, l’immagine idilliaca di una civiltà contadina destinata a scomparire, superata e cancellata dalla modernità. Ne “Il sogno di una cosa” istanze politiche e ideali rivoluzionari si intrecciano alla naturale inclinazione dei protagonisti per i semplici divertimenti della campagna, dove una fisarmonica e qualche bottiglia di vino bastano per trascorrere lietamente una serata, in una narrazione avvincente e poetica, evocativa ma anche crudamente realistica, per una fotografia del Belpaese tra passato, presente e futuro.
Nella foto (di Fabrizio Cestari): Teho Teardo ed Elio Germano
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