Victoria Amelina trovava la poesia ovunque. Anche sotto le macerie lasciate dalla guerra. La scrittrice ucraina di 37 anni è morta nelle scorse ore dopo essere rimasta ferita nel ristorante di Kramatorsk colpito in un attacco delle forze russe lo scorso 27 giugno. Kramatorsk era una delle tappe del viaggio attraverso la guerra intrapreso dall’autrice dopo l’invasione dell’Ucraina nel 2022: da allora aveva smesso di lavorare ai suoi romanzi – interrotto, almeno fino alla fine del conflitto – e aveva messo il suo talento al servizio della causa ucraina, che nei mesi scorsi aveva sintetizzato così: “Siamo, si può dire, ossessionati dal perseguire la nostra libertà, e siamo pronti a morire per questo. Ed è questo che i russi non ci perdonano”. Viaggiava attraverso il Paese per documentare i crimini di guerra. Il suo scrivere era diventato questo, e lungo questa strada aveva trovato il diario di Voldymyr Vakulenko, scrittore catturato e ucciso dalle forze russe nella città di Izium all’inizio del 2022, sotterrato nel suo giardino. Fra quelle pagine un resoconto puntuale delle atrocità della guerra. Ne è nato un volume, presentato proprio nei giorni scorsi al Festival del libro di Kiev. Nata a Leopoli nel 1986, Victoria Amelina era considerata una delle voci più significative della giovane letteratura ucraina, pluripremiata (ha ricevuto il Joseph Conrad Literary Prize nel 2021 ed era in lizza anche per lo European Union Prize for Literature). Le era stata da poco riconosciuta la Columbia University fellowship a Parigi, dove intendeva trasferirsi in autunno con suo figlio che ha 12 anni. La notizia della sua morte è stata diffusa da Pen Ucraina, che ha fatto sapere che l’autrice si è spenta in un ospedale a Dnipro, circondata da familiari e amici. Ma l’organizzazione che lavora in tutto il mondo per la difesa della libertà di espressione si è presa anche l’importante impegno di onorare l’importante eredità lasciata dall’autrice ucraina, che fra le altre cose aveva fondato alcuni festival letterari nel Paese. Uno su tutti, quello che adesso assume anche un valore altamente simbolico, è il festival letterario di New York, nel Donetsk. Una bizzarra ma fortunata omonimia attraverso la quale Victoria Amelina ha potuto esprimere, anche con una notevole dose di ironia, il singolare spirito con cui riusciva a conciliare arte e politica. Si chiama proprio New York (o Niu-York) una cittadina del Donetsk che dal 2014 si ritrova molto vicina alla linea del fronte. Il 18 marzo scorso New York è stata colpita da un missile russo. Ma anche precedentemente l’area vicina a dove si è tenuto il festival è stata bombardata, eventi cui la scrittrice reagì a modo suo, come ricorda anche il Guardian, rivelando il suo spirito attento e autoironico al tempo stesso: “Quando ho fondato il festival della letteratura di New York in un piccolo villaggio chiamato New York nel Donbass, ovviamente ero ironica – scriveva su Twitter l’autrice scomparsa -. Dopotutto, l’ironia è ciò che rende grande la letteratura. L’autoironia ha reso il villaggio di New York un posto fantastico. I russi non hanno autoironia. Sono così seri con loro stessi. Ma gli ucraini sopravvivranno, rideranno e faranno festival di letteratura, non guerre – in tutte le New York possibili. Prometto”.
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